Secondo la tradizione i principali strumenti usati in calligrafia sono:
– il pennello
– la barretta d’inchiostro
– la pietra per sciogliere e contenere l’inchiostro
– la carta
Essi vengono generalmente definiti i “Quattro tesori” del calligrafo perché il loro impiego è indispensabile e corrispondono agli strumenti usati nella pittura tradizionale cinese. Da ciò deriva una stretta unione tra le due arti che vennero frequentemente praticate in parallelo da molti artisti.
Il pennello (bi / fude)
Esistono numerose varietà di pennelli, che devono rispondere ad esigenze diverse: la forma di scrittura prescelta, le dimensioni dei caratteri da eseguire, lo stile, l’abilità e le preferenze del calligrafo.
Le loro caratteristiche variano in base alla forma, ai materiali e alle dimensioni. Una particolare importanza è attribuita ai tipi di setole di cui sono composti, che si possono grosso modo suddividere in:
– setole rigide kōgō (cavallo, daino, tasso, volpe, coniglio)
– setole morbide nangō (capra)
– setole miste rigide-morbide kengō.
La differente proporzione tra la lunghezza e il diametro delle setole può incidere parecchio sui risultati che si desidera ottenere. Ad esempio quelli che si presentano con una punta piuttosto corta sono adatti alla scrittura nella forma (lishu/reisho), mentre quelli con la punta allungata e il diametro piuttosto ridotto sono prevalentemente usati per la scrittura nella forma (caoshu/sōsho). La leggenda attribuisce a Meng Tian, verso il 250 a.C., l’invenzione del pennello in pelo di cammello. È probabile che il suo fu piuttosto un adattamento o un affinamento di uno strumento già esistente. L’archeologia infatti ci mostra che già nel secondo millennio a.C. erano presenti strumenti in peli animali montati su bastoncini, sicuramente usati per decorare le ceramiche. Nel corso dei secoli la produzione di pennelli si affinò parecchio raggiungendo una complessità e una cura notevoli negli esemplari di qualità superiore.
Per ottenere una corretta elasticità, permettere un forte assorbimento dell’inchiostro e un suo ben dosato rilascio sulla carta i migliori pennelli sono composti da più strati concentrici di peli di lunghezza differente, disposti attorno a un nucleo centrale che funge da serbatoio. Questa caratteristica, che li differenzia dai pennelli usati in pittura in Occidente, permette una differenziata modulazione del tratto e la scrittura di più caratteri senza dover ricorrere continuamente all’assorbimento di nuovo inchiostro.
L’inchiostro ( mo / sumi)
Secondo la tradizione l’inchiostro da scrittura è quasi esclusivamente nero e si presenta in forma solida, pressato in barrette.
Già presente in epoca Shang, l’inchiostro nero ha subito una lunga evoluzione tecnica. Testimonianze ricavate da scavi archeologici documentano l’esistenza di barrette d’inchiostro solido, costituito da nerofumo e colla, all’epoca dei Regni Combattenti. La sua fabbricazione viene perfezionata in epoca Jin, parallelamente alla diffusione dell’uso della carta in calligrafia. Da allora ne vennero prodotte numerose qualità, secondo altrettante materie prime e varianti tecniche. Generalmente è composto da una miscela di fuliggine di legno resinoso o olio vegetale (pino, olio di colza, ecc.), colla animale, sostanze vegetali profumate (muschio, canfora, ecc.) e numerosi additivi finalizzati a fornire sfumature cromatiche particolari.
La sua qualità varia principalmente in base alla purezza e alla raffinazione della materia prima colorante. La colorazione nera dell’inchiostro può variare in numerose tonalità e riflessi differenti tendenti a colorazioni cromatiche più o meno fredde o calde.
La sua preparazione per l’applicazione avviene sciogliendolo tramite lo strofinamento nell’acqua che viene versata nella pietra-calamaio.
La pietra per inchiostro (yan / suzuri)
I più antichi “calamai” che conosciamo datano della dinastia Han e consistono in piatti di bronzo, sovente sostenuti da tre piedini e dotati di coperchio. Di epoca Jin se ne conservano varietà di forma analoga, ma in argilla. In seguito, di pari passo con l’evoluzione dell’industria dell’inchiostro, in epoca Tang si giunse all’affermarsi della pietra come materia prima più adatta. Tra le diverse varietà impiegate quelle che si dimostrarono più efficaci furono le due varietà di scisto di She e di Duan, ancor oggi tra le più celebri e ricercate.
La pietra per inchiostro può attualmente presentarsi in forme piuttosto diversificate ma, generalmente, è caratterizzata da una parte incavata più profondamente che funge da serbatoio e da una un poco più rialzata usata per strofinare la barretta d’inchiostro. Numerose pietre sono sagomate e decorate da raffigurazioni naturalistiche che, secondo la lavorazione e il progetto possono costituire vere e proprie opere d’arte.
La carta (zhi / kami)
L’invenzione della carta risale a un’epoca non precisata. Generalmente la si fa coincidere con la fine della dinastia degli Han occidentali (206 a.C. – 8 d.C.
Secondo la tradizione sarebbe stata inventata da Cai Lun, funzionario alla corte degli Han orientali, nel 107 d. C. Si può presumere che in realtà la sua TU più che altro un’innovazione del prodotto basata sull’impiego di nuove materie prime consistenti in fibre vegetali, in sostituzione delle fibre tessili ricavate dagli scarti tessili precedentemente usate.
Solo verso il IV secolo la carta entrò in uso come supporto di scrittura, sostituendo le tavolette di legno, le lamine di bambù e la seta.
Ben presto ne vennero prodotte numerose varietà che si differenziarono per colore, qualità, assorbenza, grammatura e texture.
La materia prima usata nella sua produzione consiste in fibre vegetali derivanti dal legno, dalla corteccia o dai fusti di piante erbacee (canapa, gelso, bambù, paglia di riso, ecc.).
La scelta della carta è molto importante e contribuisce a determinare l’ottenimento di effetti calligrafici specifici, adattandosi in modo differenziato alla stesura dell’inchiostro.
vedi articolo: La carta
Altri strumenti in uso nella calligrafia
Oltre ai “Quattro tesori” del calligrafo vengono usati diversi altri strumenti, tra i quali i seguenti:
fermacarta ( bunchin);
panno di feltro (shitajiki)
su cui appoggiare il foglio durante la scrittura;
poggiapennelli ( fudeoki);
contenitore per l’acqua ( suiteki);
piccolo paravento paraspruzzi ;
stuoiette portapennelli (fudemaki).
Come si può intuire, nonostante questi oggetti debbano rispondere a precise necessità pratiche, la loro funzione può essere assolta da altri strumenti non specificamente prodotti per l’uso in calligrafia. Ad esempio il contenitore per l’acqua può essere sostituito da un bicchiere o da una tazza, oppure un ciottolo o qualsiasi oggetto sufficientemente pesante può fungere da fermacarta.
Ciò ha fatto sì che questi strumenti, nel tempo, siano stati prodotti con minori limitazioni alla creatività, nelle forme più varie, spesso molto elaborate e riccamente decorate. Nella loro produzione si sono sbizzarriti artigiani e artisti, dando vita a pezzi anche di grande valore, rivolti più al mercato collezionistico che a coloro che praticano la calligrafia.
Il montaggio e la fruizione
Le calligrafie per essere mostrate in ambito privato o pubblico devono essere “montate” in modo adeguato. Tradizionalmente sono previste due forme di fruizione estetica:
– il rotolo orizzontale (makimono) da svolgere appoggiato in piano e riavvolgere gradualmente durante l’osservazione,
– il rotolo verticale (kakejiku) da appendere alla parete.
In entrambi i casi il sottile foglio di carta dev’essere incollato su un supporto di seta o di carta per ottenere una sufficiente resistenza all’usura e per togliere le ondulazioni che si producono durante la stesura dell’inchiostro. In seguito il foglio incollato viene montato in una sorta di passe-partout di tela che permette di mantenere l’avvolgibilità dell’insieme.
Esistono diversi tipi codificati di montaggio che si adattano ai vari formati della carta. La scelta del motivo decorativo, dei colori e della proporzione della cornice devono essere ben considerati per non entrare in contrasto con il carattere dell’opera che accoglie. L’opera montata, pur mantenendo la funzione di complemento all’arredamento, ha prevalentemente un ruolo comunicativo che si esplica nella trasmissione di messaggi legati a particolari occasioni. La sua esposizione avviene durante periodi limitati, anche molto brevi, e può essere in relazione alla visita di particolari ospiti, a precisi momenti dei cicli stagionali o a ricorrenze da sottolineare con messaggi scritti caratterizzati anche da complessi riferimenti simbolici.
In Giappone la sua collocazione privilegiata è in una particolare nicchia (tokonoma) del locale in cui si accolgono gli ospiti, abbinata ad esempio a una composizione floreale, pure essa in sintonia con la circostanza a cui è destinata la calligrafia.
Testi di Bruno Riva
Sommario
Le forme della scrittura:
Antichi maestri:
- Gli antichi maestri e lo studio dalle opere
- Wang Xizhi e la “Prefazione al Padiglione delle orchidee”
- Yan Zhenqing
- I calligrafi zen
- Ōtagaki Rengetsu
Hannya shingyō: il Sutra del cuore