Shodō: la via della scrittura
L’uso del termine occidentale “calligrafia” (bella scrittura) non riesce ad esprimere correttamente il significato della pratica legata alla scrittura in Estremo Oriente.
Nella lingua cinese anticamente veniva usato semplicemente il termine shu che significa “scrittura”, al pari di come noi ci esprimiamo quando parliamo di pittura, musica, danza, ecc. In seguito esso venne abbinato a un altro carattere che diede vita al termine composto shufa che significa “arte della scrittura”:
shu – scrivere
fa – metodo, arte di fare
In Giappone per la medesima pratica viene invece usato il termine shodō che, tradotto, assume il significato di “via della scrittura”:
sho – scrittura
dō – via, percorso
Il carattere viene usato in numerose occasioni per contraddistinguere la pratica di un’arte, che richiede un impegno costante e che in diversi modi può assumere le caratteristiche di un “percorso” che conduce, tramite un perfezionamento tecnico, a un affinamento interiore dell’individuo.
Dō è anche il carattere che indica il dao (tao), la via, cioè il processo di mutamento e di divenire di tutte le cose su cui si basa la filosofia taoista.
Questo termine, in Giappone, venne applicato, soprattutto dal XIX secolo, a numerose arti tradizionali in conseguenza agli influssi che ebbe in particolare il buddhismo sulla loro pratica, intesa come “percorso”: kendō (“scherma”), judō , kyūdō (“tiro con l’arco”), chadō (anche definita cha no yu “cerimonia del tè”), ecc.
La via, o l’arte della scrittura, costituisce in ogni caso un insieme composto da:
nozioni e conoscenze storiche, stilistiche, formali, ecc.
un processo d’apprendimento e di applicazione di tecniche.
La pratica permette e favorisce:
l’espressione degli stati d’animo, dei sentimenti,
l’affinamento della sensibilità e il perfezionamento di sé,
la collaborazione e l’instaurarsi di corrette relazioni sociali e di lavoro.
Un ritratto del “cuore”
L’azione del pennello converte in segni i gesti del calligrafo. Questi segni possono essere decisi o incerti, veloci o lenti, sottili o spessi, ma contengono sempre una forza che tradizionalmente viene definita qi/ki (traducibile approssimativamente in “energia vitale”).
Questa forza circola nei singoli segni e nei rapporti che s’instaurano tra di loro. Scrivendo un carattere si fornisce la rappresentazione di un’idea, ma tracciandolo in calligrafia si tende a trasmettere soprattutto la relazione che s’instaura tra il del calligrafo e la circolazione del che il carattere possiede. Volendo esprimere in altri termini questo concetto si può dire che l’istantaneità della calligrafia permette di registrare un ritratto del “cuore” del calligrafo.
Sulla carta viene tracciato un percorso che sgorga dalla sua interiorità; la composizione che ne risulta, basata su rapporti proporzionali, ritmi, equilibri, pieni e vuoti, ecc. equivale alla registrazione di un sismografo dell’animo umano.
Testi di Bruno Riva
Sommario
Le forme della scrittura:
Antichi maestri:
- Gli antichi maestri e lo studio dalle opere
- Wang Xizhi e la “Prefazione al Padiglione delle orchidee”
- Yan Zhenqing
- I calligrafi zen
- Ōtagaki Rengetsu
Hannya shingyō: il Sutra del cuore