L’inchiostro fluttuante
Suminagashi 墨流し è il nome giapponese di un’antica tecnica di decorazione della carta con l’inchiostro. Considerata la tecnica di marmorizzazione più antica, sembra risalire a duemila anni fa, in Cina, e in Giappone era già conosciuta e diffusa in epoca Heian. Sono sopravvissuti al tempo parecchi bellissimi esempi di suminagashi, usati per scrivere sutra, raccolte poetiche come lo Shinkokin Wakashū e anche frammenti del Genji Monogatari.
(Rimandiamo chi volesse sapere di più sugli stili diversi e sulle famiglie di produttori di suminagashi – con i loro segreti gelosamente custoditi per secoli – al libro di Anne Chambers Suminagashi: the Japanese Art of Marbling, Thames & Hudson, London 1991.)
La tecnica è rimasta immutata e (fatta eccezione per chi usa colori acrilici e reagenti chimici) chi la pratica ancora oggi si limita a versare poche gocce di inchiostro sulla superficie dell’acqua e quando per tensione superficiale si formano immagini suggestive, evocative di paesaggi e animali o di forme astratte, le stampa appoggiandovi sopra un foglio.
Molto semplice, dunque, purché vengano rispettate alcune condizioni.
Se l’obiettivo è quello di lasciar fluttuare l’inchiostro sulla superficie dell’acqua e cogliere l’immagine fissandola con questa rudimentale tecnica di stampa su carta, avremo bisogno di:
- un contenitore-vaschetta alto almeno 5 centimetri
- acqua a temperatura ambiente
- inchiostro in barretta (sumi) di buona qualità
- uno o due pennellini
- se si vuole usare un reagente (fiele di bue, grasso animale, crema detergente, sempre in piccolissime quantità) è necessario un altro pennello.
Meglio non avere correnti d’aria nella stanza e cambiare l’acqua ogni qualvolta l’inchiostro precipita sul fondo.
Di seguito alcuni esempi di suminagashi antichi e moderni.
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Un brano del Genji Monogatari
su suminagashi del XVII sec. |
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Poesie dello ShinKokin Wakashū
su suminagashi del XIII sec. |
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